Vaccini: non è necessaria la prova scientifica per gli effetti collaterali
Dall’archivio: LA STAMPA
“Non è necessaria la prova scientifica per stabilire il nesso vaccino-malattia”
Sentenza della Corte Europea. Per i pazienti si apre la possibilità di fare causa contro le multinazionali farmaceutiche. L’obbligo potrebbe essere messo in dubbio
C’è una sentenza destinata ad alimentare lo scontro sull’obbligatorietà dei vaccini. Arriva dal Lussemburgo e stabilisce un principio che farà giurisprudenza in tutta l’Unione Europea: non è necessaria la “prova” medico-scientifica per stabilire un nesso tra la somministrazione di un vaccino e la malattia che colpisce in seguito un paziente. Bastano alcuni «indizi», purché siano «gravi, precisi e concordanti».
Un verdetto che permetterebbe a molti pazienti di aprire una serie di cause contro le case farmaceutiche, ma soprattutto rischia di rimettere in discussione l’obbligatorietà dei vaccini. Un tema, quest’ultimo, che è all’ordine del giorno in Italia. Per denunciare un rapporto di causa-effetto tra la vaccinazione e la malattia non serve il pronunciamento scientifico e nemmeno la prova certa che la patologia sia stata causata direttamente dalla somministrazione del vaccino. I giudici ritengono «indizi sufficienti» il fatto che la malattia sia insorta a poca distanza dalla vaccinazione, l’assenza di precedenti medici personali e familiari e l’esistenza di «un numero significativo di casi repertoriati di comparsa di tale malattia a seguito di simili somministrazioni». Quest’ultimo punto è forse quello che più dà “solidità” alla tesi contenuta nella sentenza, anche se spetterà ai giudici quantificare quel «numero significativo» e dunque apre a valutazioni discrezionali.
Il caso su cui si è basata la sentenza è certamente singolare e riguarda un francese morto nel 2011 dopo che nel 2000 gli era stata diagnosticata la sclerosi multipla. All’uomo era stato somministrato – tra la fine del 1999 e la metà del 2000 – un vaccino contro l’epatite B prodotto dalla Sanofi Pasteur. Le sue condizioni di salute all’epoca della vaccinazione erano «eccellenti» e nella sua famiglia non esistevano precedenti legati alla patologia. A distanza di pochi mesi però, nell’agosto del 1999, il paziente ha iniziato a manifestare alcuni disturbi. Un anno dopo, la diagnosi. A partire dal 2006 ha quindi iniziato una battaglia legale contro la Sanofi Pasteur per ottenere un risarcimento del danno, a sua avviso causato dal vaccino.
La Corte di Appello di Parigi ha però respinto il ricorso del paziente, dichiarando che «non vi è consenso scientifico a favore dell’esistenza di un nesso di casualità tra la vaccinazione contro l’epatite B e l’insorgenza della sclerosi multipla». Manca la «prova certa». Il caso è arrivato in Cassazione, la quale ha portato la controversia alla Corte di Giustizia dell’Ue. Il quesito sottoposto riguarda in particolare l’onere della prova: in base alla direttiva Ue sulla responsabilità per danno da prodotti difettosi, a chi spetta provare il nesso di casualità, il danno e il difetto?
La Corte ha deciso che un giudice «in mancanza di prove certe e inconfutabili, può concludere che sussistono difetti del vaccino e un nesso di casualità tra quest’ultimo e una malattia sulla base di un complesso di indizi gravi, precisi e concordanti». Bastano questi indizi per ritenere «con un grado sufficientemente elevato di probabilità, che una simile conclusione corrisponde alla realtà». Per i giudici non è necessaria la «prova certa», anche perché «quando la ricerca medica non permette di stabilire né di escludere l’esistenza di un nesso» sarebbe «impossibile far valere la responsabilità del produttore». I giudici hanno anche precisato che «non è consentito né al legislatore nazionale né a giudici nazionali istituire un metodo di prova per presunzioni che permetta di stabilire automaticamente un nesso di casualità». Bisognerà dunque valutare caso per caso, ma senza per forza ottenere la conferma da parte della ricerca medica.
Vedi:
Sentenza della Corte (Seconda Sezione) del 21 giugno 2017 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour de cassation – Francia) – N. W, L. W, C. W / Sanofi Pasteur MSD SNC, Caisse primaire d’assurance maladie des Hauts-de-Seine, Carpimko
(Causa C-621/15) 1
(Rinvio pregiudiziale – Direttiva 85/374/CEE – Responsabilità per danno da prodotti difettosi – Articolo 4 – Laboratori farmaceutici – Vaccino contro l’epatite B – Sclerosi multipla – Prove del difetto del vaccino e del nesso di causalità tra il difetto e il danno subito – Onere della prova – Modalità di prova – Mancanza di consenso scientifico – Indizi gravi, precisi e concordanti lasciati alla valutazione del giudice di merito – Ammissibilità – Presupposti)
Lingua processuale: il francese
Giudice del rinvio
Cour de cassation
Parti nel procedimento principale
Ricorrenti: N. W, L. W, C. W
Convenute: Sanofi Pasteur MSD SNC, Caisse primaire d’assurance maladie des Hauts-de-Seine, Carpimko
Dispositivo
L’articolo 4 della direttiva 85/374/CEE del Consiglio, del 25 luglio 1985, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di responsabilità per danno da prodotti difettosi, dev’essere interpretato nel senso che non osta a un regime probatorio nazionale, come quello di cui al procedimento principale, in base al quale il giudice di merito, chiamato a pronunciarsi su un’azione diretta ad accertare la responsabilità del produttore di un vaccino per danno derivante da un asserito difetto di quest’ultimo, può ritenere, nell’esercizio del libero apprezzamento conferitogli al riguardo, che, nonostante la constatazione che la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, taluni elementi in fatto invocati dal ricorrente costituiscano indizi gravi, precisi e concordanti i quali consentono di ravvisare la sussistenza di un difetto del vaccino e di un nesso di causalità tra detto difetto e tale malattia. I giudici nazionali devono tuttavia assicurarsi che l’applicazione concreta che essi danno a tale regime probatorio non conduca a violare l’onere della prova instaurato da detto articolo 4 né ad arrecare pregiudizio all’effettività del regime di responsabilità istituito da tale direttiva.
L’articolo 4 della direttiva 85/374 dev’essere interpretato nel senso che osta a un regime probatorio fondato su presunzioni secondo il quale, quando la ricerca medica non stabilisce né esclude l’esistenza di un nesso tra la somministrazione del vaccino e l’insorgenza della malattia da cui è affetto il danneggiato, la sussistenza di un nesso di causalità tra il difetto attribuito al vaccino e il danno subito dal danneggiato deve sempre essere considerata dimostrata in presenza di taluni indizi fattuali predeterminati di causalità.
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1 GU C 48 dell’8.2.2016.
Documentazione del caso: FONTE
Paola Righini
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